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Magistratura Indipendente

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

Controlli amministrativo-contabili e limiti del sindacato ispettivo.

  Giudiziario 
 mercoledì, 7 giugno 2017

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di ANDREA NOCERA, Magistrato addetto all'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione

 
 

 

1.Premessa.

Con Delibera consiliare dell’8 marzo 2017, in tema di “Controlli amministrativo-contabili e possibili interferenze con l’attività giurisdizionale”, il Consiglio Superiore della Magistratura, è tornato sul tema dei limiti del sindacato ispettivo sull’attività giudiziaria e, in particolare, sull’attività di spesa nell’esercizio delle funzioni del pubblico ministero.

La Delibera ha dato risposta al quesito sollevato dal Procuratore della Repubblica di Bolzano che ha chiesto al C.S.M. di valutare se l’attività di verifica amministrativo-contabile condotta dall’Ispettorato generale di finanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze presso l’Ufficio giudiziario da lui diretto e, in particolare, i rilievi formulati in ordine ai costi sostenuti dall’Amministrazione, ritenuti ingiustificati, fossero tali da “ledere l’insuperabile principio di autonomia ed indipendenza dell’esercizio della funzione giudiziaria affidata all’Ufficio”.

In sede istruttoria, la Prima commissione consiliare[1] ha concluso che “la verifica amministrativo-contabile del Ministero delle Finanze non può e non deve spingersi a sindacare il merito degli atti giudiziari, né le strategie di indagini adottate dal pubblico ministero, cui la legge (art. 327 c.p.p.) rimette l’esclusiva direzione delle indagini preliminari e la disponibilità della polizia giudiziaria (art. 109 Cost.) […] neppure possono ammettersi valutazioni di ‘economicità’ delle risorse finanziarie destinate a mezzi di indagine, laddove tali verifiche dovessero tradursi in un sindacato della discrezionalità delle relative strategie del Pubblico Ministero, con conseguente violazione del principio costituzionale dell’indipendenza della funzione giudiziaria”. Ha, quindi, sollecitato sul tema una risoluzione di carattere generale del Consiglio “che possa costituire punto di riferimento per la trattazione anche delle questioni che dovessero in futuro insorgere”.

Il C.S.M. ha inteso ribadire i principi[2] già espressi con riferimento all’attività di verifica ed accertamento riservata al Ministro della Giustizia in punto di leale collaborazione con gli organi ispettivi, di pertinenza dei controlli svolti, di rispetto delle regole procedurali, tempi e finalità, tali da salvaguardare l’autonomia della funzione giudiziaria e prevenire il pericolo di compromissione delle indagini in corso, e di tutela del segreto investigativo.

Tali principi di ordine generale devono trovare applicazione, a fortiori, anche per l’attività di controllo amministrativo-contabile svolta dall’organo ispettivo del MEF con due precipue ulteriori limitazioni: 1. da un lato, l’attività di accertamento dell’Ispettorato generale della finanza richiede una puntuale verifica in concreto - da condursi in ragione della natura dell’atto verificato od oggetto di rilievo ispettivo e delle modalità di accertamento - del rispetto del sindacato sulla “legittimità dell’esercizio di funzioni meramente amministrative di carattere vincolato”, non potendo involgere il “merito delle valutazioni discrezionali di opportunità e convenienza proprie di determinazioni procedimentali rimesse in via esclusiva ed incondizionata alle prerogative giudiziarie affidate esclusivamente all’ufficio”; 2. dall’altro, a differenza dell’attività dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia, all’organo ispettivo della finanza è sempre vietato l’accesso a singoli atti o all’intero procedimento che siano stati segretati, atti ritenuti in via generale e preventiva non conoscibili al fine di tutelare il segreto investigativo.

 

2. Le verifiche amministrativo-contabili dell’Ispettorato generale della Finanza:il quadro normativo di riferimento.

La norma generale che legittima l’esercizio del potere di controllo attribuito all’Organo ispettivo contabile del Ministro delle Finanze è l’art. 29 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, (“Nuove disposizioni sul patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”)[3]. Il potere di controllo è funzionale al riscontro contabile su tutte le Amministrazioni dello Stato che abbiano compiti di gestione finanziaria o attribuzioni contabili (“centri di spesa”). In concreto, la sua attuazione è oggetto di una proposta programmatica del Ragioniere Generale dello Stato, che ha compiti di controllo sulle singole Ragionerie centrali (artt. 161, 171 e 174 R.D. 23 maggio 1924 n. 827), per il tramite, appunto, dell’Ispettorato generale di finanza.

In particolare, l’art. 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037 (“Ordinamento della Ragioneria generale dello Stato”) riserva al suddetto organo ispettivo, secondo le disposizioni impartite dal Ministro delle finanze e dal Ragioniere generale, “ compiti di verifica generali sulla conformità alle norme di legge delle spese effettuate dalle Amministrazioni “nel modo più proficuo ai fini dello Stato”, sulla corretta gestione del servizio del consegnatario e del regolare funzionamento dei relativi servizi di gestione.

All’esito della attività di verifica, l’Ispettorato generale di finanza redige una relazione sul lavoro compiuto (art. 8) e può formulare, se del caso, suggerimenti all’Ufficio circa l’adozione di misure dalle quali possa derivare economia nella gestione del bilancio (art. 7).

L’art. 23 del d. lgs. 30 giugno 2011, n. 123 (“Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell’articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”) ha, inoltre, previsto che le verifiche amministrativo-contabili svolte dai servizi ispettivi di finanza siano volte “a ricondurre a economicità e regolarità amministrativo-contabile le gestioni pubbliche, a verificare la regolare produzione dei servizi, nonché a suggerire le misure dalle quali possano derivare miglioramenti dei saldi delle gestioni finanziarie pubbliche e della qualità della spesa”

Il complesso quadro normativo[4] delinea, dunque, l’oggetto del potere di verifica esercitato dall’Ispettorato generale delle finanze, alle dipendenze della Ragioneria Generale, che si identifica nei “controlli di regolarità amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche”[5], cui si associano i compiti di verifica delle spese in termini di economicità, in ordine all’impiego delle risorse economiche a disposizione dei singoli uffici, in vista dell’esigenza di assicurare, in un’ottica di funzionalità e razionalità, la migliore utilizzazione possibile delle risorse destinate a gravare sul bilancio dello Stato.

Sul punto, l’art. 7 del D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67 (“Regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze”) attribuisce al MEF, nell’ambito della attività di indirizzo e coordinamento normativo in materia di contabilità delle amministrazioni pubbliche, il “controllo e vigilanza dello Stato in materia di gestioni finanziarie pubbliche, anche attraverso i servizi ispettivi del dipartimento, secondo criteri di programmazione e flessibilità”. La funzione ispettiva, per effetto del rinvio contenuto nella norma, è finalizzato a verificare il controllo di gestione da parte delle amministrazioni pubbliche “in ordine alla loro armonizzazione con quelli previsti nell’ambito dell’Unione europea” e ad individuare gli “strumenti per il controllo di economicità ed efficienza; analisi, verifica, monitoraggio e valutazione dei costi dei servizi e dell’attività delle amministrazioni pubbliche”.

L’attività dell’organo ispettivo delle finanze può, dunque, essere qualificata in termini di mera verifica contabile, priva di sistematicità, con obiettivi programmatici flessibili e di contenuto esclusivamente “informativo” o referente, essendo rimessa alle valutazioni discrezionali delle Ragionerie dello Stato e del Ministro delle Finanze l’adozione di eventuali provvedimenti correttivi. Il potere di formulare suggerimenti o raccomandazioni in sede ispettiva, previsto dall’art. 7 della l. n. 1037 del 1939, si colloca in un ambito di mero rapporto collaborativo con l’Amministrazione interessata, lungi dall’essere espressione di potere autoritativo.

 

3. Gli Uffici giudiziari come centri di responsabilità contabile.

Gli Uffici giudiziari costituiscono “centri di responsabilità contabile” soggetti alla verifica amministrativo-contabile programmata dal MEF, nell’ambito dell’attività di coordinamento delle esigenze di finanza pubblica. L’attività ispettiva investe, in particolare, le spese di giustizia ed i sequestri giudiziari, le procedure concernenti il recupero delle spese ripetibili iscritte al campione civile o penale ed anticipate dall’Erario, nonché la giacenza dei corpi di reato e di valori nell’ambito di processi o sequestri penali e civili[6]

L’art. 172 del d.P.R. n. 115 del 2002 (T.U. sulle spese di giustizia) dispone che i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e, come tali, sono tenuti al risarcimento del danno subito dall'erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generate in tema di responsabilità amministrativa".

Le disposizioni del T.U. Spese di giustizia hanno razionalizzato il riparto dei compiti in materia di pagamenti, concentrando sul funzionario amministrativo addetto allo specifico settore la competenza alla quantificazione del dovuto e all'emissione dell’ordine di pagamento; di contro, è affidato al magistrato la quantificazione della somma oggetto di decreto di pagamento, con  un provvedimento di liquidazione costituente autonomo titolo impegnativo di spesa, senza necessità di un ulteriore ordine di pagamento da parte del funzionario.

Nella specie, spetta al Magistrato la liquidazione, tra le altre, delle:

1. spese “straordinarie” del processo penale, non espressamente previste nel T.U., che siano ordinate in quanto ritenute indispensabili (art. 70 T.U.). Tra queste, le spese per intercettazioni telefoniche, per la fornitura di strumenti e per la locazione degli apparati;

2. spese per la demolizione di opere abusive e di riduzione in pristino dello stato dei luoghi (artt. 61, 62, 63 e 169), dovute alle imprese private e alle strutture tecnico-operative del Ministero della Difesa;

3. indennità  per la custodia e conservazione onerosa dei beni sottoposti a sequestro penale e nei casi previsti dal cod. proc. civ. (artt. 58 e 168);

4. la determinazione degli onorari e spese spettanti al difensore, nei casi di ammissione al al patrocinio a spese dello Stato (art. 82), al programma di protezione dei collaboratori di giustizia (art. 115), nella difesa di ufficio (art. 116), di persona irreperibile (art. 117) e di ufficio del minore (art. 118), nei procedimenti di volontaria giurisdizione; 5. gli onorari e le spese per gli ausiliari (49 e ss.. 168 T.U.).

La individuazione dell’Ufficio giudiziario come “centro di spesa” emerge anche dalla attribuzione al funzionario amministrativo delle competenze per il recupero delle spese di giustizia.

Nel complesso le disposizioni del T.U. Spese di giustizia riconoscono il ruolo di ente creditore all'Ufficio Giudiziario che ha emesso il provvedimento e da cui deriva il credito dello Stato, ed attribuiscono allo stesso 1'onere di quantificare 1'importo del credito, di inviare al debitore 1'invito al pagamento e, quindi, di procedere alla formazione del ruolo da inoltrare al concessionario, perche proceda alla materiale riscossione mediante emissione di cartella esattoriale[7].

4. Il potere di “alta sorveglianza del Ministro della Giustizia. L’attività di verifica svolta dall’Ispettorato Generale.

L’art. 13 del R.D. Lgs. n. 511 del 1946 attribuisce al Ministro della Giustizia l’“alta sorveglianza” su tutti gli uffici giudiziari, su tutti i giudici e su tutti i magistrati del Pubblico Ministero, per il tramite dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia.

Il potere di “alta sorveglianza” è esercitato in via ordinaria e generale attraverso lo strumento della verifica ispettiva (art. 7 l. n. 1311 del 1962). Le verifiche ispettive ordinarie, con cadenza di norma triennale[8], hanno lo scopo di accertare, alla luce delle leggi, dei regolamenti e delle istruzioni vigenti, la regolarità dell’organizzazione e dell’andamento di un ufficio, in funzione del buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost., nonché il lineare svolgimento del lavoro dei magistrati, quali componenti l’Ufficio giudiziario, in termini quantitativi e di tempo.

Alle verifiche ispettive ordinarie, compiute dall’Ispettorato Generale presso tutti gli Uffici giudiziari in conformità alle direttive impartite dal Ministro, si affiancano le verifiche c.d. mirate, disposte dal Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 7, comma 3, della l. n. 1311 del 1962, e le inchieste amministrative ex art. 12 l. n. 1311 del 1962, per il cui esercizio sono previsti più penetranti e flessibili poteri di accertamento.

Le ispezioni mirate si svolgono al di là di quelle periodiche e possono essere disposte, in ogni tempo, dal Ministro, anche in forma parziale, per specifici servizi o settori dell’Ufficio, al fine di accertare, in modo più approfondito, la produttività degli uffici, nonché l’entità e la tempestività del lavoro dei singoli magistrati (art. 7, comma 3, L. n. 1311/1962, come sostituito dall’art. 1 L. 16 ottobre 1988, n. 432).

Le inchieste amministrative, di contro, sono tendenzialmente rivolte alla verifica di fatti ed episodi concreti circoscritti - e già individuati - di presunta violazione, al fine di accertare la loro effettiva sussistenza nei termini in cui fin dall’inizio sono stati oggetto di denunzia o di rappresentazione.

Le inchieste amministrative vertono sul personale appartenente all’Ordine giudiziario e su qualsiasi altra categoria di personale dipendente dal Ministero della Giustizia. La relativa attività è circoscritta nell’oggetto e non può estendersi al di fuori di esso, se non per effetto di integrazione o nuovo mandato ispettivo.

In sede di verifica ispettiva ordinaria il controllo delle voci di spesa e dei tempi di gestione delle procedure è operato in proiezione delle eventuali esigenze di regolarizzazione del servizio (c.d. funzione di normalizzazione) oltre che della attenzione ai profili e/o elementi di eventuale responsabilità amministrativa e contabile del magistrato, dei dirigenti e funzionari amministrativi.

In concreto, mediante un protocollo ispettivo dedicato, attraverso l’utilizzo di uno schema applicativo standard che opera per query predefinite[9], messo a punto dall’Ispettorato Generale, si provvede:

- alla verifica della regolarità amministrativa – sotto il profilo formale –  dei procedimenti trattati, con specifica attenzione agli atti che generano pagamenti di somme costituenti spese di giustizia anticipate dall'erario;

 - alla rilevazione dei casi di pagamenti di somme non rientranti nell’ambito delle spese di giustizia;

- alla individuazione di ipotesi di danno derivanti da irregolarità per omissioni, ritardi o errori.

L’emergere di ipotesi di danno addebitabile a responsabilità per colpa grave sarà, quindi, oggetto di eventuale segnalazione, ai sensi degli artt. 82 e 87 R.D. n. 244 del 1923, 53 R.D. n. 1214 del 1934 e 3 d.l. n. 543 del 1996, convertito nella legge n. 639 del 1996, alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti, oltre alle segnalazioni di competenza ispettiva pre e paradisciplinare e degli eventuali fatti aventi rilevanza penale ai sensi dell'art. 331 c.p.p.

 

5. Il controllo di spesa nella fase delle indagini preliminari: i criteri di adeguatezza e proporzionalità della spesa.

Il controllo sulle modalità di quantificazione della spesa e, di conseguenza, la valutazione della eccessività della stessa – che, come visto, nel caso dell’Ispettorato generale di finanza è essenzialmente di tipo consuntivo e riepilogativo della gestione dei flussi di spesa – può presentare aspetti di particolare delicatezza nella fase delle indagini preliminari, per la possibile frizione tra principi e valori contrapposti.

E’ di tutta evidenza, infatti, che il rischio di interferenza del controllo amministrativo-contabile nell’esercizio della funzione giurisdizionale è particolarmente elevato allorquando l’accertamento riguardi attività di esercizio della funzione giudiziaria ancora in corso.

Da un lato, infatti, 1'attività di indagine preliminare svolta dal Pubblico Ministero riveste un indiscusso carattere giudiziario, caratterizzata da una totale discrezionalità nella determinazione degli obiettivi delle indagini e, soprattutto, nelle concrete scelte della attività di investigazione da svolgersi per il loro perseguimento, sottoposta al solo rispetto delle norme processuali che ne disciplinano le modalità di esecuzione.

E’ pur vero, di contro, che la discrezionalità delle scelte operate in fase di indagini preliminari deve essere comunque orientata verso principi generali di pubblico interesse e di corretta amministrazione, onde non ridondare in attività di puro arbitrio. In tal senso, 1'attività investigativa in concreto svolta deve essere congrua rispetto agli obiettivi di indagine e presentare logica rispondenza tra i mezzi di indagine adottati e le finalità perseguite.

Il rispetto dei principi di corretta amministrazione comporta in via astratta che il Pubblico Ministero, nell’ipotizzare ed attuare le proprie discrezionali scelte investigative, sia tenuto a valutare preventivamente se i mezzi di ricerca della prova risultino direttamente ed adeguatamente finalizzati all'acquisizione di elementi probatori pertinenti al procedimento.

Sul piano logico i criteri guida per 1'esercizio del potere discrezionale in esame sono stati individuati nella: 1. concretezza nella individuazione degli obiettivi dell'indagine; 2. pertinenza nella scelta degli strumenti investigativi adeguati; 3. proporzionalita tra obiettivi e costi[10].

Il punto di frizione investe proprio la verifica di coerenza ed economicità oggettiva della spesa, il margine di valutazione della sostenibilità economica dei mezzi investigativi prescelti, sotto il profilo della proporzionalità e adeguatezza delle relative spese alle finalità investigative: se i costi preventivati per 1'attività di indagine, in termini di risorse economiche e sociali, risultino proporzionali alla acquisizione della prova ed all’obiettivo della indagine complessiva.

Le perplessità di un sindacato contabile al riguardo – escluso dal C.S.M. – derivano dal fatto che non possono essere subordinate le scelte investigative a valutazioni esterne all'ambito della giurisdizione, quali quelle della mera efficienza ed equilibrio nell’impiego e gestione delle risorse economiche disponibili, senza violare le garanzie di indipendenza della funzione giudiziaria svolta.

Pur non essendo contestabile un intrinseco onere del P.M. di valutazione preventiva dei costi delle indagini in termini di ragionevolezza della spesa, connaturato ad ogni esercizio discrezionale di funzioni pubbliche, diventa arduo ipotizzare la possibilità (e, soprattutto, i confini) dell’esercizio di poteri esterni di controllo contabile - di carattere consuntivo e finale[11] - che involgono profili di opportunità ed adeguatezza della spesa con i risultati prefissi e con la effettiva potenzialità di risultato positivo.

La valutazione preventiva della spesa non può che essere rimessa al P.M. procedente e non è suscettibile di sindacato amministrativo o contabile se non ridondi in atti abnormi o manifestamente illegittimi, ovvero in condotte costituenti reato.

 

6. Le spese per intercettazioni ambientali o telefoniche: profili di responsabilità disciplinare e contabile.

In tema di liquidazione di spese per intercettazioni telefoniche o ambientali, il controllo amministrativo-contabile non può che limitarsi alla legittimità delle attività captatorie. Appare, invece, di difficile configurabilità il controllo sull’eccesso di attività investigativa e degli eventuali profili di responsabilità amministrativo-contabile del magistrato per danno derivante dalle spese da tale eccesso prodotte.

Il principio di fondo, giova ribadirlo, è la insindacabilità delle scelte processuali del P.M. in fase di indagini preliminari, alla cui discrezionalità è rimessa la individuazione degli obiettivi delle indagini e le scelte della concreta attività di investigazione, sussistendo soltanto il vincolo di sottoporre le modalità di esecuzione adottate al rispetto delle norme processuali.

Né il generale obbligo della corretta amministrazione, di valutazione preventiva della ragionevolezza e sostenibilità dei costi delle indagini tecniche può legittimare un controllo diffuso dell’organo ministeriale ispettivo su tali temi. Per il rischio di interferenza sulla autonomia del Magistrato, le eventuali attività di colpa per eccesso di attività investigativa che sono in contrasto con i suddetti criteri possono al più essere oggetto di accertamento a mezzo di penetranti – e garantiti - strumenti ispettivi della ispezione mirata o dell’inchiesta.

In tema di responsabilità del magistrato, dalle pronunce della Sezione disciplinare dell’Organo di autogoverno si rileva che il sindacato sulle scelte processuali del P.M. in tema di intercettazioni attiene ai profili di palese illegittimità degli atti compiuti dal magistrato, che assumono rilievo disciplinare in quanto abnormi o espressione di condotta di reato.

Secondo la costante giurisprudenza della Sezione disciplinare del C.S.M. e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[12], il limite della insindacabilità dell’attività giudiziaria è quello dell'abnormità dell’atto, compiuto dal magistrato al di fuori di qualsivoglia schema processuale ovvero adottato sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza. In tali casi l'intervento disciplinare ha per oggetto non già il risultato dell'attività giurisdizionale, ma il comportamento deontologico deviante posto in essere dal magistrato nell'esercizio della sua funzione[13].

Tale principio è stato affermato, ad esempio, con riguardo all’atto di autorizzazione verbale al noleggio di un'autovettura messa a disposizione di un soggetto, presunto collaborante, alle indagini, per un lungo viaggio, con contestuale disposizione di intercettazione ambientale su detta autovettura[14]. In tale ipotesi è stato ritenuto sufficiente a integrare il disvalore di rilievo disciplinare l’abnormità dell’atto, che «non solo non ha assunto la necessaria forma scritta per un errore macroscopico o l'inescusabile negligenza del suo autore, ma certamente esula dalla funzioni del pubblico ministero, appartenendo senza dubbio alla gestione dei collaboranti di competenza della polizia giudiziaria».

In altri casi le condotte sanzionate sul piano disciplinare hanno riguardato la illegittima ed indebita liquidazione delle spese per attività collaterale ed accessoria rispetto a quella captatoria, quali il noleggio delle apparecchiature per intercettazione o il ricorso ad illegittimi criteri di determinazione dei compensi per i consulenti.

E’ il caso, ad esempio, della censura disciplinare per l’emissione di plurimi provvedimenti di liquidazione in via anticipata in favore di consulenti tecnici, tutti facenti ad un unitario centro di interessi, per il noleggio di apparecchiature da utilizzare per la trascrizione, filtraggio ed informatizzazione di intercettazioni telefoniche e/o ambientali, ove i verbali di conferimento degli incarichi venivano spesso compilati e sottoscritti direttamente dal soggetto destinatario dell’incarico o da suoi collaboratori[15], condotte per le quali era stato disposto il rinvio a giudizio del magistrato per i delitti di concorso in abuso in atti di ufficio e falso in atto pubblico (110, 323 e 479 cod. pen.).

Allo stesso modo per la condotta del magistrato che, nella qualità e nell'esercizio delle funzioni di sostituto Procuratore della Repubblica, abbia omesso i doverosi controlli di congruità sulle richieste di liquidazione avanzategli dai titolari delle ditte fornitrici di apparati di intercettazione ed incaricati del filtraggio e trascrizione per le operazioni di intercettazioni telefoniche, ambientali e visive «disponendo il pagamento di somme esageratamente onerose per lo Stato (ammontanti, per il solo anno 2000, ad oltre un miliardo di lire) in consapevole violazione delle norme riguardanti i compensi degli ausiliari di Polizia Giudiziaria»[16].

Anche sul piano della responsabilità contabile del magistrato l’analisi della giurisprudenza della Corte dei conti esclude un sindacato diretto sulla economicità e congruità delle spese per le attività di captazione. Le ipotesi di responsabilità contabile del magistrato derivano dalla illegittimità del procedimento di liquidazione delle spese per acquisto e noleggio di apparecchiature destinate alle intercettazioni, ordinariamente rientranti nell’ambito del conferimento di un incarico di consulenza tecnica.

Si è ritenuto, infatti, condotta produttiva di danno la «dolosa inosservanza di quei doveri di diligenza professionale e di quegli obblighi di ufficio e di servizio quali si debbono collegare alla posizione di magistrato di procura» nella condotta di liquidazione dei spese in via anticipata in favore dei consulenti tecnici «per l'asserito, ma in realtà, non effettuato noleggio di apparecchiature»[17]. La violazione dei doveri di servizio è, infatti, ricollegata all’attività di conferimento degli incarichi e alla emissione dei provvedimenti di liquidazione delle spese e dei compensi.

Sussiste in capo al P.M. che procede alla liquidazione delle spese per intercettazioni un obbligo di controllo amministrativo e contabile sui documenti presentati a corredo delle note di spesa, che include lo svolgimento di un preventivo accertamento, prima dell'adozione dei provvedimenti dispositivi della spesa, sulla idoneità ed adeguatezza dei mezzi in funzione dell'espletamento delle attività di consulenza e la valutazione della regolarità generale della documentazione presentata.

 

7. I limiti del sindacato ispettivo.

Costituisce principio consolidato che l’esercizio di funzioni giudiziarie non può in astratto impedire la valutazione della illiceità della condotta, né essa trova limite nel principio di indipendenza del magistrato[18].

In tema di controllo amministrativo-contabile[19], nondimeno, nella valutazione della condotta del magistrato trova applicazione il generale principio di insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali[20]. Si riconosce, infatti, che la valutazione degli atti del magistrato non può che avvenire attraverso i canali processuali delle impugnazioni previste dalle norme processuali, non potendo essere sindacato il profilo della opportunità e convenienza delle scelte processuali, ma solo l’eventuale condotta violativa di norme espresse o principi giuridici[21]. Del pari, non soggetti al sindacato sono le ragionevoli e motivate interpretazioni normative, pur se in contrasto con indirizzi prevalenti.

Il Consiglio Superiore, in più occasioni, ha indicato, con riferimento all’attività conoscitiva del Ministro della Giustizia, le forme attraverso le quali contemperare le tensioni tra le non sempre convergenti esigenze di tutela del buon andamento e di efficienza della Amministrazione della giustizia e dell’autonomia della funzione giudiziaria. Con delibere consiliari del 17 maggio 1995, 24 luglio 2003 e 8 ottobre 2010 ha stabilito che tale potere di verifica si inserisce nel quadro dell’art. 110 Cost. e, dunque, è funzionale ad assicurare l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Al di là di tale limite funzionale, il potere di “alta vigilanza è tendenzialmente libero nel suo contenuto. Tuttavia, quando la funzione di “alta vigilanza” ha ad oggetto l’attività giudiziaria dei magistrati, il suo esercizio deve essere svolto “secondo regole procedurali, tempi e finalità tali da renderla compatibile con il principio fondamentale che impone il rispetto dell’autonomia della funzione giudiziaria e la sua immunità da possibili interferenze esterne”[22], esplicitamente garantito dall’art. 104, comma 1, Cost.

In tal senso, il Consiglio Superiore della Magistratura, quale organo di tutela e garanzia dell’autonomia ed indipendenza nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ha rivendicato un proprio spazio di intervento qualora atti concreti, emanati in attuazione di quei poteri, risultino idonei ad incidere sull’autonomia e l’indipendenza garantita dalla Costituzione alla funzione giudiziaria”. Ciò che non si risolve nel dettare regole generali che possano incidere sull’esercizio dei poteri di alta sorveglianza attribuiti al Ministro, ma, sulla base di specifiche segnalazioni dei dirigenti degli uffici giudiziari e dei singoli magistrati, a formulare princìpi, criteri e direttive tendenti a regolare il dispiegarsi dei rapporti istituzionali concernenti la funzione giudiziaria in termini tali da risultare pienamente garantite l’indipendenza e l’autonomia della Magistratura.

L’intervento consiliare, per altro verso, non può comportare una ingerenza nell’attività giudiziaria[23], ma deve limitarsi ad indicazioni di “carattere ordinamentale”.

Solo attraverso l’intermediazione dell’intervento consiliare[24] può essere evitato il rischio che eventuali attività di accertamento, specie di carattere amministrativo-contabile sulla congruità ed economicità della spesa erogata per l’attività di indagine, possano interferire nell’esercizio della funzione giurisdizionale.

Il dovere dei dirigenti degli Uffici e dei magistrati di prestare una leale collaborazione nei confronti dei soggetti incaricati di svolgere l’attività ispettiva non esclude che agli stessi sia riconosciuto un potere-dovere di salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza della funzione giudiziaria, segnalando l’eventuale rischio di interferenza. Si realizza in tal modo un potere di sorveglianza diffuso dei magistrati interessati sul corretto esercizio dei poteri di controllo amministrativo in sede ispettiva.

 

8. Esercizio del potere ispettivo contabile e segreto investigativo.

Nella dinamica dei rapporti fra la funzione di “alta sorveglianza” riconosciuta al Ministro della Giustizia e la funzione giudiziaria, l’esercizio dei poteri di verifica ispettiva (e di controllo amministrativo-contabile) sull’attività del magistrato presenta un ulteriore rischio di interferenza nella esigenza di tutelare il segreto di indagine.

Come sopra evidenziato, non sembra dubitarsi della insindacabilità nel merito degli atti giudiziari e delle strategie di indagine adottate dal pubblico ministero.

Costituisce ormai “punto fermo” per il Consiglio Superiore della Magistratura che “il superamento dei divieti formali posti a tutela del segreto investigativo, e quindi la conoscibilità di atti ancora segretati ex art. 329 c.p.p., non dovrà comunque pregiudicare il positivo sviluppo delle indagini penali e la sicurezza delle persone, e pertanto il magistrato del PM che procede potrà certamente allo stato degli atti rifiutare, o ritardare, le informazioni e i dati richiesti ogni qualvolta sussistano concreti pericoli legati allo specifico momento processuale”.

Il dovere di leale collaborazione con l’organo ispettivo trova un precipuo limite nel segreto investigativo, per la cui salvaguardia viene riconosciuto al magistrato titolare dell’indagine il potere-dovere di autorizzare o negare l’accesso agli atti segretati quando l’accesso allo stesso possa determinare rischi per l’indagine medesima ovvero la richiesta ispettiva non appaia giustificata.

In concreto, le forme e le modalità di accesso a tali atti dovranno essere concordate con l’organo ispettivo e valutate, in ultima istanza, dal magistrato titolare delle indagini, non potendo essere riconosciuto un potere di sindacato amministrativo esterno.

L’attribuzione al P.M. procedente della valutazione circa la ostensibilità degli atti segretati trova la propria giustificazione nella necessità di contemperare il segreto investigativo – e, quindi, il possibile pregiudizio per il positivo sviluppo delle indagini e per la sicurezza delle persone – con la funzione di “alta vigilanza” propria del Ministro della Giustizia.

Tale necessità non si presenta in relazione ai controlli dell’organo ispettivo del MEF, legittimato esclusivamente a valutare la regolarità amministrativa e contabile della gestione delle spese di giustizia, secondo criteri di economicità, funzionalità e migliore utilizzazione delle risorse disponibili.

Si apre, dunque, una profonda differenza tra i limiti imposti al il potere ispettivo espressione della funzione di “alta vigilanza” del Ministro della Giustizia, esercitato per il tramite dell’Ispettorato Generale e i poteri di verifica amministrativo-contabile di competenza del Ministero dell’economia, per i quali l’analisi della attività giudiziaria costituisce mera occasione per gli accertamenti contabili di spesa.

Sul punto, con la delibera consiliare in commento, il Consiglio Superiore della Magistratura ha osservato che non può essere oggetto di sindacato ispettivo l’esame valutativo delle conseguenze contabili di scelte che siano espressione di opzioni procedimentali rimesse all’esclusiva discrezionalità tecnica dell’organo inquirente, unico titolare del potere di ponderare l’opportunità e la convenienza degli atti da lui posti in essere nell’esercizio della funzione giudiziaria. Tale è il caso «dell’attività strettamente interpretativa di norme giuridiche (rispetto al quale può anche essersi formato un giudicato) ovvero alle scelte dei provvedimenti istruttori adottati dal magistrato, sia con riguardo alla congruità dei mezzi di ricerca della prova adottati rispetto al fine perseguito sia con riguardo agli specifici atti di indagine».

L’attività dell’Ispettorato generale delle finanze, oltre ad essere soggetta ai limiti di sindacato generale sulla attività giudiziaria, trova un ulteriore argine insuperabile nel segreto investigativo, limite funzionale ad assicurare la tutela del segreto istruttorio rispetto a singoli atti od anche, a seconda dei casi, all’intero procedimento. All’organo ispettivo del MEF non può, infatti, essere riconosciuto una esigenza di desegregazione come quella che, nel caso concreto, può legittimare gli ispettori del Ministero della Giustizia a prendere cognizione di atti processuali funzionali all’esito dell’indagine avviata, seppur in ossequio all’obbligo di riservatezza che fa carico ad ogni pubblico ufficiale.

 


1] Delibera della Prima commissione consiliare dell’11 marzo 2015

[2] Per tutte, anche perche indica tutte le piu significative precedenti, v. Deliberazione C.S.M. 24.7.2003, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, Anno 2004- N. 141, 400 ss

[3] L’art. 29, commi 3 e 4, del R.D. n. 2440 del 1923 prevede che: “Il Ministro delle finanze esercita il riscontro finanziario e contabile su tutte le amministrazioni dello Stato e sulle aziende autonome che ne dipendono. A tale fine esso ha facoltà di disporre verifiche ed ispezioni presso qualsiasi ufficio o servizio che abbia gestione finanziaria o

attribuzioni contabili”.

[4] Il quadro normativo dei poteri di verifica degli uffici di ragioneria e dei servizi ispettivi di finanza, si è, quindi, arricchito per effetto dell’art. 2 del d. lgs. 30 luglio 1999 n. 286 (“Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche ”), dall’art. 14, co. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (“Legge di contabilità e finanza pubblica”) e dall’art. 7 del D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67 (“Regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze).

[5] Il richiamo al potere di controllo di regolarità amministrativo-contabile dell’organo ispettivo delle finanze è contenuto nell’art. 2 d. lgs. n. 286 del 1999 e nell’art. 14 l. n. 196 del 2009.

[6] Cfr. sul punto, la “Relazione al sig. Ragioniere Generale dello Stato sul lavoro compiuto dall’Ispettorato Generale di Finanza e sull’attività del Sistema delle ragionerie nell’esercizio finanziario 2012”, pur richiamata per stralci  nella Delibera del C.S.M. in commento, in cui si precisa che “l’Amministrazione della Giustizia ha costantemente invitato i Presidenti delle Corti d’Appello interessate a procedere alla costituzione in mora dei responsabili, prestando ogni sollecita ed indispensabile collaborazione per rendere possibile il perseguimento di eventuali responsabilità, allo scopo di assicurare tempestività, concreta efficacia ed economicità, alle verifiche ispettive ed alla conseguente gestione dei rilievi segnalati nei referti”.

[7] Dalla titolarità del credito discende anche la competenza esclusiva dell'Ufficio Giudiziario stesso - e del funzionario che ne gestisce l'attività - a decidere sulle istanze di rateizzazione del credito, ove ciò non sia stato disposto dal giudice nel provvedimento decisorio, e la potestà di discarico e di annullamento della partita di credito.

[8] Il capo dell’Ispettorato Generale ha il potere di ordinare che le verifiche siano ripetute entro un termine minore negli uffici ove siano state riscontrate irregolarità o per i quali vengano segnalate deficienze o irregolarità (art. 7, commi 1 e 2, L. n. 1311/1962).

[9] Le “query” per la segnalazione delle voci di spesa operano per tematiche di spesa infrequenti e per gli importi più rilevanti. E’ prevista una soglia minima di rilevanza standard, che può variare ed essere adattata a seconda del risultato emergente della selezione, in funzione della verifica di una significativa campionatura per ciascuna tipologia di spesa. Il dato è tratto dai registri informatici degli Uffici giudiziari soggetti a verifica.

[10] G. MANTELLI, La responsabilità amministrativa e contabile del magistrato, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, Atti dell’Incontro di studio sul tema: "Il Testo Unico delle spese di giustizia", Roma, 23 - 25 maggio 2005.

[11] Anche si ammettesse un siffatto potere di controllo contabile di coerenza della spesa, questo non potrebbe che operare ex ante, al momento della scelta della finalità e del mezzo investigativo.

[12] Cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 1628 del 27/01/2010 (Rv. 611111), secondo cui «sono oggetto di sindacato disciplinare, senza che possa essere in proposito invocata l'esimente di cui all'art. 2, comma secondo, d.lgs. n. 109 del 2006, quei comportamenti concretatisi in atti o provvedimenti affetti da patologie genetiche o procedimentali tanto gravi da renderli assolutamente anomali ed atipici rispetto alle previsioni normative»..

[13] Cfr., Cass., Sez. U, n. 20730 del 2009 (Rv. 609492);in senso conforme, Sez. U, n. 504 del 1999 (Rv. 528885).

[14]Sentenza n. 12 del 2004 della Sezione disciplinare del C.S.M.

[15]Sezione disciplinare del C.S.M., sentenza n. 14 del 2010. Nel caso di specie, nel periodo compreso tra il marzo e l'agosto 2000, il P.M. veniva incolpato di aver liquidato con le siffatte modalità la somma di lire 1.200.000.000 (un miliardo duecento milioni) circa a titolo di anticipo delle spese.

[16] Sezione disciplinare del C.S.M., sentenza n. 115 del 2010. Nella incolpazione si contestava il vincolo di amicizia ed il rapporto di assidua frequentazione tra il P.M. e l’ausiliario, che «gli aveva messo a disposizione due utenze telefoniche intestate a sue società sulle quali gravavano le spese del traffico telefonico e gli aveva in più occasioni fornito graziosamente accessori per telefonini utilizzati da lui o dalla moglie». Nella specie, la Sezione disciplinare ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del magistrato incolpato per estinzione del procedimento disciplinare per cessazione dell'appartenenza all'Ordine Giudiziario.

[17] C. Conti, sez. Calabria, 24 gennaio 2006 n. 411. L’ipotesi di danno all’erario derivava dalla perpetrazione di una condotta di peculato , in quanto l’illegittima liquidazione della spese ha determinato un'appropriazione ingiustificata di denaro. Nel caso di specie, in relazione a n. 6 procedimenti penali il sostituto procuratore, avendo già conferito incarichi per la trascrizione, il filtraggio e l'informatizzazione su cd delle intercettazioni telefoniche, sottoscriveva n. 36 decreti di liquidazione in favore di due diverse ditte di noleggio.

[18]Cfr. Corte Cost., 5 novembre 1996, n. 385, ove si afferma che «l’indipendenza della funzione giudiziaria è conciliabile con il principio della responsabilità civile, penale ed amministrativa del magistrato. Invero, gli artt. 101, 102, 104 e 108 Cost. non assicurano al giudice uno status di assoluta irresponsabilità, anche quando si tratti di esercizio delle sue funzioni riconducibili alla più rigorosa e stretta nozione di giurisdizione».

[19] Cfr. C. Conti, Sez. riun., 3 giugno 1996 n. 30/A, che applica al sindacato sull’attività giurisdizionale il principio generale in tema di sindacato sugli atti amministrativi, che preclude la valutazione su quali siano le migliori scelte gestionali e i migliori strumenti da utilizzare, pena la possibile paralisi o pressante condizionamento delle iniziative di pubblici amministratori o dirigenti.

[20]n tema di responsabilità amministrativo contabile tale principio è espresso dall’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994.

[21] C. Cost, con sentenza 6 luglio 2006 n. 273, ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 172 del d. lgs. 30 maggio 2002 n. 113, trasfuso nel d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (T.U. sulle spese di giustizia), con riferimento agli artt. 3, 101, 102, 104 e 108 Cost., poiché «i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall’erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa».

[22] Cfr. il richiamo alle delibere consiliari 17 maggio 1995, 24 luglio 2003, 8 ottobre 2010 operato dalla Delibera 8 marzo 2007 in commento.

[23] Cfr. la Risoluzione consiliare del 16 settembre 1986, in cui si statuisce che “restano escluse dalla sfera consultiva del Consiglio tutte le norme che attengono all’interpretazione della legge sostanziale, ovvero disciplinano la forma, il contenuto e i modi di esercizio dell’azione, l’iniziativa e l’intervento del P.M., gli atti ed i provvedimenti del giudice e

l’attività processuale in genere”.

[24] Oltre allo strumento della Risoluzione consiliare sulla segnalazione proveniente dall’Ufficio giudiziario, il Consiglio è legittimato a verificare la sussistenza dei presupposti per l’apertura di una procedura a tutela, oltre che dell’indipendenza, del prestigio dei magistrati e della funzione giudiziaria, ai sensi del regolamento interno del Consiglio medesimo.

 

 
 
 
 
 
 

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