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Magistratura Indipendente

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

Il percorso formativo della magistratura italiana

  Giudiziario 
 lunedì, 9 aprile 2018

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di MARIA ROSARIA SODANO, Consigliere della Corte di Appello di Milano

 
 

 

Sommario: 1. L’accesso alle professioni legali – 2. L’accesso alla professione di  Magistrato – 3. La preparazione al concorso in Magistratura – 4.  La centralità del  tirocinio formativo ex art. 73 D.L. 69/2013 – 5. Conclusioni

1.  L’accesso alla professione legali

L’accesso alle professioni legali in Italia ivi compreso l’accesso alla professione di Magistrato -   non è assistito da percorsi formativi specifici e capita di sovente che, spesso, i giovani laureati, non appena conseguita la laurea, rimangano del tutto sprovvisti di una linea direttrice che consenta loro di comprendere quale strada professionale intraprendere. Accade così che non facciano alcuna scelta mirata e si promuovano come praticanti Avvocati, aspiranti Magistrati e/o aspiranti Notai in maniera del tutto indifferenziata.

Ciò in quanto le facoltà di giurisprudenza diversamente dislocate sul territorio italiano predispongono un’offerta di studio e di approfondimento non ancorata alle singole professioni se non in via puramente tendenziale, senza porsi il problema della specificità di ciascuna professione legale. Eppure, la peculiarità di ciascuna professione potrebbe emergere fin dalla fase degli studi universitari attraverso l’individuazione di un percorso di studi specialistico che permetta ai giovani laureati di potersi orientare, fin da subito, sulla propria scelta professionale, affrontata, invece, oggi, dai più senza una corretta guida di indirizzo.  

Oggi, più che nel passato, l’accesso a ciascuna delle professioni legali di maggiore rilievo, quale quella di Avvocato, Notaio e Magistrato, presenta caratteristiche di specificità che devono essere indagate e che necessitano, per questi motivi, di approfondimenti di studio teorico – pratico assolutamente differenti tra loro.

Valga per tutti quanto è accaduto a partire dal 2012 per la professione di Avvocato, i cui requisiti di accesso sono stati di recente sottoposti ad una profonda revisione critica al fine di permettere una seria riqualificazione della professione forense.

Oggi, per accedere a tale professione legale, dopo l’accreditamento presso il locale Consiglio dell’Ordine di un tirocinio di un anno e sei mesi  svolto in uno studio legale o presso l’Ufficio di un Giudice o presso l’Avvocatura dello stato[1], è necessario il  superamento di un esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, la cui disciplina a seguito dell’entrata in vigore  dell’art. 46 della legge 31 dicembre 2012 n. 247 e del relativo regolamento di esecuzione, è stata profondamente innovata al fine di “assicurare al massimo grado la regolarità delle prove e, di conseguenza, la serietà della selezione dei candidati  onde “garantire  che l’unico criterio di selezione è costituito dal merito  degli stessi, allo scopo di mantenere e vieppiù incrementare gli standard qualitativi dell’avvocatura medesima[2].

Le prove di esame constano, oggi, dell’espletamento di tre prove scritte (rispettivamente un parere di  diritto civile, di diritto penale e di un atto giudiziario)  e di un orale  che dovrà vertere sulle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale, nonché di altre due materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario[3].

L’esame deve essere indetto dal Ministero di Giustizia con cadenza annuale. La correzione dei compiti deve avvenire ad opera di una commissione diversa da quella istituita presso la Corte d’appello di appartenenza, abbinata a quest’ultima mediante sorteggio dal Ministero di Giustizia. Rigorosi, e dunque altamente selettivi, sono i criteri imposti dal legislatore per essere annessi al superamento della prova scritta. Nella valutazione degli elaborati deve essere apprezzata la chiarezza, logicità e rigore metodologico nonché ancora la capacità di soluzione di problemi tecnici oltre che la conoscenza degli istituti oggetto di trattazione[4]. Infine, ed il particolare è di non poco rilievo, anche per l’esame di abilitazione alla professione forense le prove scritte devono svolgersi con l’ausilio di testi non commentati, preventivamente approvati dalla commissione[5].  

Chi scrive sottolinea l’evidente intento del legislatore del 2012 di attribuire all’esame di abilitazione alla professione forense una valenza di serietà e di riqualificazione molto più forte rispetto al passato, attuata attraverso la rigorosa selezione dei  candidati e la valorizzazione del tirocinio propedeutico all’esame di abilitazione. Quest’ultimo è stato, anch’esso, completamente innovato rispetto al passato, avendone previsto – il legislatore - oltre che particolari modalità alternative rispetto alla compiuta pratica legale di una volta, anche l’ulteriore caratteristica “formativa”, assicurata attraverso l’obbligo della frequenza a corsi di formazione[6]. Questi ultimi, dedicati agli aspiranti Avvocati, devono essere istituiti da ordini e/o associazioni forensi o altri soggetti previsti dalla legge secondo modalità stabilite dal Ministero di Giustizia, idonee a garantire la libertà e il pluralismo dell’offerta formativa oltre che l’uniformità sul territorio nazionale.  

2. L’accesso alla professione di Magistrato

Si diventa, come è noto, Magistrati tramite concorso come previsto dalla nostra Costituzione. Il concorso viene bandito sulla base di linee programmatiche del Ministero di Giustizia, d’intesa con il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di Autogoverno della Magistratura. Si tratta di un concorso a numero chiuso (viene di norma bandito ogni anno per un numero di 200 – 300 posti) cui si accede dopo aver conseguito alternativamente uno dei seguenti titoli: l’abilitazione alla professione di Avvocato, il diploma di specializzazione presso la Scuola delle professioni legali, l’espletamento di un tirocinio di un anno e mezzo con esito positivo presso un Ufficio Giudiziario. Vi sono ammessi anche i Magistrati contabili e amministrativi, i funzionari presso le Pubbliche Amministrazioni, i dottori di ricerca, i Procuratori dello Stato, i Professori Universitari, i Magistrati onorari (giudice di pace, giudice onorario di Tribunale, vice procuratore onorario, giudice onorario aggregato) che lo siano stati per almeno sei anni senza demerito.

Eliminata la prova preselettiva, prevista per un certo numero di anni, attualmente il concorso consta nel superamento di tre prove scritte, consistenti nella redazione di tre temi e/o elaborati su materie di diritto civile, diritto amministrativo e diritto penale, temi che devono raggiungere la sufficienza, ciascuno singolarmente,  sebbene la loro correzione avvenga simultaneamente attraverso l’abbinamento delle buste in una fase successiva alla consegna anonima degli  elaborati.

 La prova orale è molto complessa perché alle tredici materie previste normativamente, se ne sono aggiunte, con il tempo, delle nuove, fino ad arrivare a diciotto materie. Attualmente le materie di esame per la prova orale sono le seguenti: diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano, procedura civile, diritto penale e procedura penale, diritto amministrativo, costituzionale e tributario, diritto commerciale e fallimentare, diritto del lavoro e della previdenza sociale, diritto comunitario, diritto internazionale pubblico e privato, elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario.

Per vincere il concorso, è necessario essere dotati di una preparazione di altissimo livello, da momento che è richiesta una conoscenza approfondita di tutte le principali materie giuridiche.

 Si tratta di un concorso altamente selettivo, definito, tra gli addetti ai lavori, come di “secondo grado” perché vi si accede, di norma, dopo aver vinto un altro concorso (nelle Pubbliche Amministrazioni) o dopo essere divenuti Avvocati o aver conseguito il Diploma di specializzazione, e per ultimo, a partire dal 2013, dopo aver terminato, con esito positivo, un tirocinio di 18 mesi presso un Ufficio Giudiziario.

Lo standard di qualità, ad avviso di chi scrive, non può essere in alcun modo dismesso perché garantisce la terzietà, correttezza e prevedibilità della giurisdizione, eliminando, o quanto meno, riducendo la possibilità di errori giudiziari.

Va tuttavia osservato che l’alta selettività del concorso può essere assicurata anche senza la propedeuticità di specifico titolo abilitante un’altra professione legale. Ciò soprattutto nei casi in cui – come quello italiano - l’abilitazione alle altre professioni legali si consegue con modalità di esame o di concorso, come si è visto,  solo in parte coincidenti con quello di Magistratura. Non a caso, questa situazione ha determinato un forte innalzamento dell’età media dei giovani Magistrati, fino a pregiudicarne addirittura la possibilità di conseguire, in tempo utile, l’età pensionabile.

La questione è pertanto quella di assicurare ai giovani laureati in giurisprudenza, che aspirino a diventare Magistrati, un’offerta formativa che sia specificatamente mirata alla preparazione delle materie di concorso e che presenti caratteristiche tali da pervenire alla formazione di giovani preparati, dotati dei necessari strumenti per il decidere e nel contempo deontologicamente consapevoli della delicatezza della funzione che aspirano a ricoprire.

In questo contesto va esaminata la proposta di riforma del concorso elaborata  dalla Commissione Vietti – licenziata meno di  un anno fa  e non approvata dal Parlamento -  la quale, rispondendo alla principale esigenza di “svecchiamento” dei giovani Magistrati in tirocinio, tende innanzitutto a ripristinare il concorso di  primo grado garantendo l’accesso al concorso a giovani laureati  che abbiano riportato un voto di laurea di almeno 108 su110, ed una media di almeno 28 su 30 negli esami di diritto costituzionale, penale, civile, processuale civile, amministrativo, del lavoro, commerciale e processuale penale (v. art. 2, c. 1-bisdel D.Lgs. n. 160 del 5.4.2006, come risulterebbe emendato dal Progetto). Si prevede, inoltre, che continueranno ad avere accesso al concorso, oltre ai docenti universitari di ruolo in materie giuridiche, ai Magistrati amministrativi e contabili e ai Procuratori dello Stato, i funzionari pubblici assunti tramite concorsi che richiedano la laurea in legge ed i Magistrati onorari, oltreché i diplomati delle Scuole di specializzazione per le professioni legali.

Una grave mancanza del progetto è quello di avere completamente pretermesso  la positiva esperienza dei tirocinanti ex art. 73 legge 69/2013 del quale si parlerà qui di seguito, considerandoli idonei a svolgere lo stage presso i Magistrati indipendentemente dalla votazione di laurea, segno evidente della mancata  consapevolezza dell’importanza formativa di questa esperienza e della sua possibile spendibilità da parte dei giovani aspiranti Magistrati, se non altro in sede di graduatoria definitiva a parità di merito con altri vincitori del concorso.

Positiva è da ritenersi, invece, l’idea di modificare le caratteristiche delle tre prove scritte, introducendo, come avviene ormai da tempo sia per l’esame di abilitazione alla professione forense che per il concorso Notaio, una prova teorico - pratica caratterizzata dalla redazione di una sentenza.

Altrettanto positiva, seppure accolta con forti critiche da parte del ceto forense, è la decisione di escludere dai requisiti di ammissione coloro che abbiano conseguito l’abilitazione alla professione forense. Chi scrive ritiene la ragione di tale scelta possa ritenersi, al contrario, legittima alla luce del  differente (e alternativo)  percorso formativo  della professione di  Magistrato rispetto a quella di Avvocato, così come oggi strutturato.

3. La preparazione al concorso in Magistratura

Ad oggi nessuna istituzione pubblica post-universitaria riesce a predisporre corsi di preparazione al concorso idonei a consentire un’adeguata formazione agli aspiranti Magistrati. Le Scuole di  specializzazione  dovrebbero  preparare  a superare  gli  esami  per  l’accesso  alle  varie  professioni  legali e insieme  curare  la  formazione preliminare  a  loro  comune.  In realtà se i contenuti degli esami abilitativi appaiono fortemente differenziati, la preparazione fornita dalle Scuole non può che attestarsi a livello “generalista” e rivelarsi, per questo motivo, insufficiente per superare il concorso di magistratura. 

Chi insegna nelle Scuole di specializzazione ha esperienza di quanto pesantemente il contenuto delle prove di esame per l’accesso alle varie professioni legali, e segnatamente le prove scritte del concorso in magistratura, condizionino l’attenzione e gli interessi degli allievi, soprattutto nei casi in cui le scuole non offrono contenuti  interdisciplinari al loro interno proponendo una lettura intelligente dei programmi di concorso. Le mere dissertazioni su temi  teorici  di  diritto  civile, diritto  penale,  diritto amministrativo, pur utili per la realizzazione di un approfondito sapere giuridico, non possono costituire l’unica modalità di preparazione per il concorso, dal momento che lasciano gli aspiranti Magistrati pressocchè impreparati rispetto all’esigenza di acquisire capacità critica, di ragionamento e di argomentazione. E’ necessario, a tali fini, che i discenti si avvicinino alla realtà giudiziaria e sperimentino personalmente – attraverso la collaborazione con il Magistrato – cosa vuol dire “fare giurisdizione”.

In questa ottica, la previsione nel corso di studi delle Scuole di specializzazione, della fruizione di un breve tirocinio pratico presso l’istituzione giudiziaria, peraltro non accompagnata neanche da un giudizio di positività, avvicina gli allievi al mondo giudiziario in maniera superficiale e non sistematica senza che si realizzi  un reale raccordo fra il tirocinio e il corso di studi.

L’accorciamento del corso di studi delle scuole previsto dalla riforma Vietti appare commendevole ma non risolve le problematiche connesse all’attuazione di un programma di studi che non appare mirato specificatamente alla professione di Magistrato e che poco mutua dall’esperienza pratica conquistata sul campo.

Non a caso, riscuotono molto più successo fra i giovani laureati aspiranti Magistrati  le  molteplici – ed onerose -  Scuole private, caratterizzate da un’offerta formativa specificatamente mirata al superamento delle prove scritte del concorso.

Al di là degli aspetti critici di natura deontologica venuti alla ribalta in quest’ultimo anno, va osservato che, dal punto di vista più propriamente organizzativo e gestionale, il legislatore italiano si è al momento astenuto dal legiferare in materia,  e non ha pertanto previsto alcun intervento regolatore del Ministro di Giustizia al fine di disciplinare le modalità e le condizioni  per la  frequenza  ai corsi e per le verifiche intermedie e finale del profitto, come accaduto per i corsi di formazione attivati dalle associazioni forensi in vista del superamento dell’esame di abilitazione alla professione.

Va inoltre segnalato che l’attività di  preparazione al concorso in Magistratura è, allo stato, preclusa ai Magistrati ordinari per effetto dell’interpretazione restrittiva data dal Consiglio Superiore della magistratura  all’art. 16 comma  R.d. 12/1941, al primo e secondo comma, secondo il quale i Magistrati non possono assumere pubblici o privati impieghi né esercitare “industrie o commerci né qualsiasi libera professione[7]; infatti l’Organo di Autogoverno,  anche in tempi recentissimi,  ha tenuto a  far rientrare fra le attività vietate al Magistrato: “l’organizzazione di Scuole private di preparazione a concorsi o esami per l’accesso al pubblico impiego alle magistrature, e alle altre professioni legali nonché la partecipazione, sotto qualsiasi  forma  ed  indipendentemente  dalle  caratteristiche  dimensionali,  alla  gestione  economica, organizzativa e scientifica di tali Scuole ovvero lo svolgimento presso di esse di attività di docenza, anche in via occasionale”.

4. La centralità  dei tirocini formativi ex art. 73  D.L. 69/2013

Quanto finora osservato evidenzia l’importanza di pervenire ad una profonda rivisitazione dell’offerta formativa per i giovani aspiranti Magistrati. Qualche spunto di riflessione può essere validamente tratto dall’esperienza dei tirocini formativi introdotti dall’art. 73 D.L. 69/2013[8].

A riguardo, va innanzitutto premesso che i tirocini in questione, introdotti dal legislatore nell’anno 2013, sono stati preceduti dall’esperienza dell’Ufficio del Giudice, nata al fine di fornire un concreto supporto al Giudice nello smaltimento del lavoro giudiziario, risultato ottenuto brillantemente in molti Distretti Giudiziari.

Il legislatore del 2013, pur prendendo atto dell’importanza ed efficacia dell’apporto dei tirocinanti al lavoro del Giudice, ne ha dato una qualificazione “formativa” che dapprima non aveva, imponendo uno scambio di lavoro – formazione tra lo stagista ed il Magistrato formatore- affidatario di valenza tale da rendere l’esito positivo del percorso formativo come idoneo all’accesso al concorso in Magistratura.  Ha così previsto che gli obiettivi formativi dei tirocini vengano perseguiti dal giovane stagista attraverso la frequentazione di corsi di formazione a loro specificatamente dedicati, deputando a tale compito la Formazione decentrata di ogni Distretto giudiziario, che, come è noto, costituisce l’articolazione territoriale della Scuola Superiore della Magistratura.

L’intento del legislatore è stato pertanto quello di affidare alla Magistratura ordinaria e all’organo deputato alla sua formazione – la Scuola superiore della Magistratura – l’attuazione della finalità formativa dei tirocini, obiettivo ambizioso che le Formazioni decentrate sedenti nei vari Distretti Giudiziari hanno, in gran parte, attuato, delegando tale compito a uno o due Magistrati togati componenti del Collegio dei Formatori. A Milano l’attività formativa dedicata ai tirocinanti è stata organizzata per due anni consecutivi attraverso l’organizzazione di due differenti cicli di formazione, ciascuno caratterizzato da sei diversi incontri, tre di diritto civile e penale. Gli incontri - di carattere seminariale ed esercitativo – sono stati tenuti da Magistrati del Distretto e ad essi sono stati invitati anche tutti i Magistrati affidatari. L’adesione ai corsi è stata molto apprezzata dai tirocinanti che hanno seguito i corsi con grande impegno non mancando di partecipare anche agli altri incontri di formazione proposti a tutti i Magistrati del Distretto. Molto positiva è stata la partecipazione degli stagisti agli scambi internazionali che si tengono, ogni anno, a Milano per la durata di due settimane in inglese e in francese.

L’esperienza dei tirocini formativi negli Uffici Giudiziari, se comparata con quella  analoga prevista per i praticanti – Avvocati, è stata considerata dallo stesso legislatore come uno dei percorsi formativi più idonei per accedere alle professione legale di Magistrato, ove sia assistita dalla frequentazione parallela  di corsi di formazione.

La realtà non ha smentito questa previsione. Attraverso il contatto continuo con il Magistrato affidatario, il giovane laureato in giurisprudenza comincia a conoscere, nel profondo, l’organizzazione giudiziaria, comprende i meccanismi del decidere partecipando alla camera di consiglio, approfondisce le proprie conoscenze giuridiche sotto la guida del Giudice, assiste all’applicazione delle norme di legge, predispone la bozza dei provvedimenti giurisdizionali acquisendo capacità argomentative e interpretative.

Va da sé che proprio le caratteristiche formative del tirocinio impongono al giovane stagista di non abbandonare la propria attività di studio e ricerca, non potendosi ragionevolmente ritenere sufficiente che i soli 18 mesi di tirocinio possano permettere il superamento del concorso. Le nozioni acquisite sul campo in sede di tirocinio vanno quindi integrate con uno studio intensivo teorico, da svolgersi contestualmente  al tirocinio o al massimo nel periodo immediatamente successivo alla sua conclusione, in modo da non vanificare quanto acquisito durante l’esperienza pratica.

5. Conclusioni

L’importanza del tirocinio formativo presso gli Uffici Giudiziari, pur se insufficiente  a fornire all’aspirante Magistrato idonea preparazione per il superamento del concorso, costituisce una valida premessa per lo studio delle materie d’esame perché rende possibile l’approfondimento pratico delle nozioni teoriche studiate sia all’Università che presso le Scuole di specializzazione pubbliche e/o private. I giovani tirocinanti imparano, prima di altri, a vedere dall’interno, il lavoro del giudice. Comprendono, sperimentandolo sul campo, cosa vuol dire fare giurisdizione e si determinano alla scelta professionale in maniera consapevole e meditata.  Tali considerazioni non appaiono incompatibili con  la prospettiva di riforma e di rinnovamento del concorso.  E’, anzi,  da ritenere, che proprio  la prospettiva di una modifica delle prove scritte e l’introduzione di materie orali come la prova in lingua straniera favoriscano – tra gli aspiranti Magistrati – proprio coloro che, attraverso il contatto profondo con la realtà giudiziaria, ne abbiano  fatto specifica e meritevole sperimentazione.



[1] La materia è stata nel 2016 profondamente  innovata dal Regolamento n. 70 del 2016 del 2016 del Ministero della giustizia che ha specificatamente previsto a) la possibilità di svolgere il tirocinio in via anticipata durante gli ultimi sei mesi del corso di laurea purchè si sia in regola con gli esami fondamentali di diritto civile, amministrativo e penale, b) la possibilità di svolgere una parte rilevante del tirocinio  (un anno) presso  gli uffici giudiziari   e/o presso l’avvocatura dello stato e/o un ente pubblico e sei mesi in un paese dell’Unione europea.

[2] Così testualmente  la relazione illustrativa al Regolamento attuativo dell’art. 46, comma 6 della legge 31 dicembre 2012 n. 247

[3] Cfr. art. 46 legge 31 dicembre 2012 n. 247: L'esame di Stato si articola in tre prove scritte ed in una prova orale.  2. Le prove scritte sono svolte sui temi formulati dal Ministro della giustizia ed hanno per oggetto: a) la redazione di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia regolata dal codice civile; b) la redazione di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia regolata dal codice penale; c) la redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto, in materia scelta dal candidato tra il diritto privato, il diritto penale ed il diritto amministrativo. 3. Nella prova orale il candidato illustra la prova scritta e dimostra la conoscenza delle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale; nonché di altre due materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario e penitenziario. 

[4] Così testualmente l’art. 46, 6 comma, legge 31 dicembre 2012 n. 247: Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento le modalità e le procedure di svolgimento dell'esame di Stato e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali da effettuare sulla base dei seguenti criteri: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione.

[5] Così testualmente l’art. 46, 7 comma legge 31 dicembre 2012 n. 247:  Le prove scritte si svolgono con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Esse devono iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro della giustizia con il provvedimento con il quale vengono indetti gli esami. A tal fine, i testi di legge portati dai candidati per la prova devono essere controllati e vistati nei giorni anteriori all'inizio della prova stessa e collocati sul banco su cui il candidato sostiene la prova.

[6]  Così testualmente: Art. 43 legge 31 dicembre 2012 n. 247  - Corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato 1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non  inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge.

2. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento: a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 1 da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale; b) i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l'insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatoria dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca; c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a centosessanta ore per l'intero periodo; d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.

[7] Cfr.  Nuova circolare sugli incarichi extragiudiziari sostitutiva della n. 19942 del 3 agosto 2011 così  come modificata nella seduta del 23 luglio 2014.  (Circolare n. P. 22581 del 9 dicembre 2015 – Delibera del 2 dicembre 2015)

[8] Art. 73 Formazione presso gli uffici giudiziari

1. I laureati in giurisprudenza all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilita' di cui all'articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e che non abbiano compiuto i trenta anni di eta', possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi. Lo stage formativo, con riferimento al procedimento penale, puo' essere svolto esclusivamente presso il giudice del dibattimento. I laureati, con i medesimi requisiti, possono accedere a un periodo di formazione teorico-pratica, della stessa durata, anche presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali. La Regione Siciliana e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito della propria autonomia statutaria e delle norme di attuazione, attuano l'istituto dello stage formativo e disciplinano le sue modalita' di svolgimento presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e presso il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e la sezione autonoma di Bolzano.

2. Quando non e' possibile avviare al periodo di formazione tutti gli aspiranti muniti dei requisiti di cui al comma 1 si riconosce preferenza, nell'ordine, alla media degli esami indicati, al punteggio di laurea e alla minore eta' anagrafica. A parita' dei requisiti previsti dal primo periodo si attribuisce preferenza ai corsi di perfezionamento in materie giuridiche successivi alla laurea.

3. Per l'accesso allo stage i soggetti di cui al comma 1 presentano domanda ai capi degli uffici giudiziari con allegata documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui al predetto comma, anche a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Nella domanda puo' essere espressa una preferenza ai fini dell'assegnazione, di cui si tiene conto compatibilmente con le esigenze dell'ufficio. Per il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e la sezione autonoma di Bolzano, i Tribunali Amministrativi Regionali la preferenza si esprime con riferimento ad una o piu' sezioni in cui sono trattate specifiche materie.

4. Gli ammessi allo stage sono affidati a un magistrato che ha espresso la disponibilita' ovvero, quando e' necessario assicurare la continuita' della formazione, a un magistrato designato dal capo dell'ufficio. Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attivita'. Il magistrato non puo' rendersi affidatario di piu' di due ammessi. Il ministero della giustizia fornisce agli ammessi allo stage le dotazioni strumentali, li pone in condizioni di accedere ai sistemi informatici ministeriali e fornisce loro la necessaria assistenza tecnica. Per l'acquisto di dotazioni strumentali informatiche per le necessita' di cui al quarto periodo e' autorizzata una spesa unitaria non superiore a 400 euro. Nel corso degli ultimi sei mesi del periodo di formazione il magistrato puo' chiedere l'assegnazione di un nuovo ammesso allo stage al fine di garantire la continuita' dell'attivita' di assistenza e ausilio.

L'attività di magistrato formatore è considerata ai fini della valutazione di professionalità di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonche' ai fini del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito. L'attivita' di magistrato formatore espletata nell'ambito dei periodi formativi dei laureati presso gli organi della Giustizia amministrativa non si considera ai fini dei passaggi di qualifica di cui al capo II del titolo II della legge 27 aprile 1982, n. 186, e successive modificazioni, ne' ai fini del conferimento delle funzioni di cui all'articolo 6, quinto comma, della medesima legge. Al magistrato formatore non spetta alcun compenso aggiuntivo o rimborso spese per lo svolgimento dell'attivita' formativa.

5. L'attività degli ammessi allo stage si svolge sotto la guida e il controllo del magistrato e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attivita' e astenersi dalla deposizione testimoniale. Essi sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell'ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale secondo programmi che sono indicati per la formazione decentrata da parte della Scuola superiore della magistratura. I laureati ammessi a partecipare al periodo di formazione teorico-pratica presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, i Tribunali Amministrativi Regionali e il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e la sezione autonoma di Bolzano sono ammessi ai corsi di formazione organizzati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

5-bis. L'attivita' di formazione degli ammessi allo stage e’ condotta in collaborazione con i consigli dell'Ordine degli avvocati e con le Scuole di specializzazione per le professioni legali, secondo le modalita' individuate dal Capo dell'Ufficio, qualora gli stagisti ammessi risultino anche essere iscritti alla pratica forense o ad una Scuola di specializzazione per le professioni legali.

6. Gli ammessi allo stage hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonche' alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli; non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi, ivi compresi i fascicoli relativi ai procedimenti trattati dall'avvocato presso il quale svolgono il tirocinio.

7. Gli ammessi allo stage non possono esercitare attivita' professionale innanzi l'ufficio ove lo stesso si svolge, ne' possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.

8. Lo svolgimento dello stage non da' diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo ne' di obblighi previdenziali e assicurativi.

9. Lo stage puo' essere interrotto in ogni momento dal capo dell'ufficio, anche su proposta del magistrato formatore, per sopravvenute ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario, anche in relazione ai possibili rischi per l'indipendenza e l'imparzialita' dell'ufficio o la credibilita' della funzione giudiziaria, nonche' per l'immagine e il prestigio dell'ordine giudiziario.

10. Lo stage puo' essere svolto contestualmente ad altre attivita', compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purche' con modalita' compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione.

Il contestuale svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense non impedisce all'avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l'attivita' professionale innanzi al magistrato formatore.

11. Il magistrato formatore redige, al termine dello stage, una relazione sull'esito del periodo di formazione e la trasmette al capo dell'ufficio.

12. (soppresso).

13. Per l'accesso alla professione di avvocato e di notaio l'esito positivo dello stage di cui al presente articolo e' valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale ed e' valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398.

14. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza a parita' di merito, a norma dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato. Per i concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato l'esito positivo del periodo di formazione costituisce titolo di preferenza a parita' di titoli e di merito.

15. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario.

 

 

 
 
 
 
 
 

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RIVISTA ISSN 2532 - 4853 Il Diritto Vivente [on line]

 

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