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PENALE  

INCIDENTE PROBATORIO, MINORENNI E VITTIME VULNERABILI: UN NERVO SCOPERTO DEL SISTEMA

  Penale 
 sabato, 22 aprile 2023

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di Cesare PARODI, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Torino

 
 

INCIDENTE PROBATORIO, MINORENNI E VITTIME VULNERABILI: UN NERVO SCOPERTO DEL SISTEMA
Cesare Parodi

Abstract: Le indicazioni della Corte di Cassazione che hanno escluso la riconduzione alla categoria dell’atto abnorme dei provvedimenti di diniego di incidente probatorio richiesti ex art 392 comma 1 bis c.p.p. per i minori e le persone offese vulnerabili impongono una rivalutazione dell’istituto finalizzata a delineare i margini di discrezionalità riconosciuti in tali casi ai G.I.P. e l’impatto sul sistema di tale nuova prospettiva ermeneutica, in particolare con riguardo alla tutela delle persone offese.

Abstract. The indications of the Supreme Court that excluded the reconduction to the category of abnormal act of the orders of denial of evidentiary incident requested under article 392 paragraph 1 bis c.p.p. for minors and vulnerable offended persons impose a reevaluation of the institution aimed at delineating the margins of discretion recognized to the Judges for preliminary investigations (G.I.P.) in such cases and the impact on the system of this new hermeneutic perspective, particularly with regard to the protection of offended persons.

SOMMARIO: 1. Premessa: l’incidente probatorio quale strumento per ridurre la vittimizzazione secondaria. 2. L’incidente probatorio quale espressione della discrezionalità del G.I.P. 3. L’ambito della discrezionalità. 4. Le ragioni delle scelte e le soluzioni possibili.

1.PREMESSA: L’INCIDENTE PROBATORIO QUALE STRUMENTO PER RIDURRE LA VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA.

Non tutti i problemi giuridici che si presentano nell’ambito dell’attività giudiziarie assumono- fortunatamente- la stessa rilevanza. Ve ne sono alcuni che in realtà devono essere considerati centrali nel sistema, in quanto la risposta che si può fornire potrebbe - in termini consistenti- determinare la qualità finale che il servizio giustizia è in grado di offrire ai cittadini.

E’ assolutamente fisiologico che su questi problemi possano formarsi interpretazioni dissonanti, espressive in larga misura delle specifiche prospettiva dalle quale i singoli uffici giudiziari devono porsi.  E’, questo, certamente il caso dell’art. 392 comma 1 bis c.p.p., per come in tempi recenti- alla luce di alcune rilevanti decisioni della S.C.- è stato concretamente interpretato.  Vale la pena di riportare immediatamente il testo di tale articolo, sul quale molte polemiche sono state alimentate e molte incomprensioni si sono manifestate e verosimilmente - per le ragioni delle quali cercheremo di dare conto – continueranno a manifestarsi.[1]

«Art. 392 comma 1- bis c.p.p.:  Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater 1, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612 bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza».

In un’epoca neppure troppo remota, la S.C. aveva fornito una chiave di lettura della disposizione in oggetto del tutto favorevole a un amplissimo utilizzo del principio espresso dal citato comma. In questo senso era stata definita abnorme l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, in ragione dell'assenza di motivi di urgenza che non consentano l'espletamento della prova nel dibattimento, aveva respinto l'istanza del pubblico ministero di incidente probatorio previsto dall'art. 392, comma 1-bis, c.p.p., per l'assunzione della testimonianza della vittima di violenza sessuale, con ciò sostanzialmente disapplicando una regola generale di assunzione della prova, prevista in ottemperanza agli obblighi dello Stato derivanti dalle convenzioni internazionali per evitare la vittimizzazione secondaria delle persone offese di reati sessuali. [2]

Una tesi che trovava una precisa giustificazione anche in fonti sovranazionali. Al proposito si era affermato che il giudice può procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persone minorenni in tutti i casi in cui lo stato di vulnerabilità in cui le stesse versano consenta di ritenere sussistenti le condizioni previste dal combinato disposto dei commi 1, lett. a) e b), e 1 bis) dell'art. 392 c.p.p. Ciò in quanto si tratterebbe di una conclusione altresì, conforme alla lettura degli artt. 392 e 398, comma 5-bis, c.p.p. rispettivamente fornita dalle decisioni della CGUE, Grande Sezione, Pupino, del 16 giugno 2005, C-105/03 e della Corte costituzionale n. 114 del 2001 e n. 108 del 2003.[3]

Il “favor” verso l’incidente probatorio in relazione a minori e vittime vulnerabili emerge in termini inequivoci dal testo della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica Istanbul, 11 maggio 2011; la Convenzione, all’art. 15 (Formazione delle figure professionali) indica la prevenzione della vittimizzazione secondaria come obiettivo specifico della formazione delle figure professionali operative nel settore e – soprattutto- l’art. 12 ( in tema di obblighi generali ai fini di prevenzione) specifica, tra l’altro,  che tutte  le misure adottate a tale fine «devono prendere in considerazione e soddisfare i bisogni specifici delle persone in circostanze di particolare vulnerabilità, e concentrarsi sui diritti umani di tutte le vittime».

Ora, non possono esservi ragionevoli dubbi sul fatto che l’audizione delle persone offese considerate dalla norma sopra richiamata non solo con modalità protette e cercando di evitare reiterazione dell’assunzione stessa, ma anche collocando tale atto quanto più possibile in un rapporto di prossimità temporale con l’evento che deve essere descritto e rivissuto si inseriscono in questa logica. Si tratta di un principio di diretta e inequivoca applicazione di principi internazionali formalmente condivisi dall’Italia e sostanzialmente più che condivisibili. Non a caso la S.C.[4] aveva ritenuto abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di assunzione della testimonianza della persona offesa nelle forme dell'incidente probatorio ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, c.p.p., perché non preceduta dall'acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da parte della medesima persona offesa. La S.C. aveva precisato, in particolare, che esigere la previa acquisizione delle predette sommarie informazioni, ai fini dell'ammissione dell'incidente probatorio, equivarrebbe a frustrare la "ratio" della norma, che mira ad impedire la cd. vittimizzazione secondaria. Un intento espresso anche dall'art. 362, comma 1-ter, c.p.p., come introdotto dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, che consente al pubblico ministero di derogare all'obbligo ivi previsto di ascoltare nel termine di tre giorni il denunciante o querelante ovvero la persona offesa, quando sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori o di riservatezza delle indagini.

Indicazioni in tale senso sono reperibili anche in un’altra decisione,[5] laddove si esclude l’abnormità strutturale dell'esame, in sede di incidente probatorio, della persona offesa minorenne del delitto di violenza sessuale svoltosi, per il concorso nel reato di indagato maggiorenne, dinanzi, congiuntamente, al giudice per le indagini preliminari del tribunale dei minori e a quello del tribunale ordinario, posto che l'atto non determina una stasi del procedimento, risolvendosi, anzi, in una tutela del minore in tal modo non esposto, in ragione di un ulteriore esame, a nuove sofferenze.

 

2. L’INCIDENTE PROBATORIO QUALE ESPRESSIONE DELLA DISCREZIONALITÀ DEL G.I.P.

Tutto chiaro, allora? No. 

Negli ultimissimi anni si è formata una prevalente e consolidata opinione  giurisprudenziale  secondo la quale non sarebbe abnorme il provvedimento   con cui il giudice per le  indagini preliminari rigetta la richiesta, ex art. 392, comma 1-bis, c.p.p., di esame in incidente probatorio della persona offesa minore d'età in ragione della rilevata superfluità o irrilevanza della prova, trattandosi di  provvedimento  che non determina   la stasi del procedimento né si pone fuori  dal  sistema processuale. [6]

Numerose e uniformi le decisioni in tal senso.[7] Il punto fermo e comune del ragionamento della S.C. deve essere individuato in relazione ai principi generali, elaborati dalla stessa Corte, con riguardo al concetto di abnormità, e in particolare alla circostanza che il provvedimento possa determinare la stasi del procedimento. In questo senso (Cass., Sez. III, n. 29594, 28/05/2021, CED 281718 – 01) si è osservato che al fine della qualificazione dell'atto come abnorme, non può attribuirsi rilevanza all'interesse "terzo" della persona offesa, di per sé estraneo alla nozione della abnormità funzionale.

Nulla quaestio al riguardo, potendo indubbiamente il P.M. procedere comunque alla prosecuzione delle investigazioni e, quindi, a esercitare l’azione penale.  In astratto condivisibile (almeno in parte e vedremo in quali termini) il principio per il quale non sussisterebbe un obbligo del giudice di procedere a incidente probatorio a fronte della richiesta del P.M., trattandosi di valutazione discrezionale, con riguardo all’individuazione – in concreto – della “vulnerabilità” della vittima, a seguito della presentazione di una richiesta di incidente probatorio e a prescindere da qualsiasi apprezzamento   sulla rilevanza della prova.

In definitiva, pertanto la disciplina prevista per l'audizione delle persone vulnerabili imporrebbe, in ottemperanza agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, forme particolari volte a salvaguardare l'integrità fisica e psicologica della vittima, ma non prevede alcun obbligo di assunzione della prova dichiarativa a seguito di una mera richiesta di incidente probatorio[8].

A conforto del quadro sopra descritto, viene a volte richiamata una decisione della Corte Cost. n.  14/2021, che, attribuisce carattere di eccezionalità del sistema in cui si inserisce alla disposizione di cui al comma 1 bis, laddove la stessa introduce una deroga al principio fondamentale di immediatezza della prova, principio postulante l'identità tra il giudice che acquisisce la prova e quello che decide nonché strettamente correlato al principio di oralità. Carattere di eccezionalità che valutato con riguardo all’esigenza -  extraprocessuale,  di tutela della libertà e  del  minore – e quella-  endoprocessuale -   di  garanzia di genuinità    della   formazione   della  prova,   in rapporto con le peculiari condizioni del minore, così che solo in presenza della ricorrenza di entrambe le menzionate esigenze si potrebbe apportare una deroghe   ai principi fondamentali  di  immediatezza e  oralità, facendo scattare l'applicabilità di una disposizioni di natura   comunque eccezionale. Una prospettiva affermata per il minore e che- a fortiori- dovrebbe valere per la vittima maggiorenne, la cui condizione di “vulnerabilità” dovrebbe essere specificamente valutata.

3. L’AMBITO DELLA DISCREZIONALITÀ.

La prospettiva ermeneutica sopra descritta parte difficilmente conciliabile con altri arresti della S.C.,[9] che non ha esitato a definire abnorme l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, nel rigettare la richiesta di archiviazione disponendo indagini suppletive, ordini al pubblico ministero di richiedere l'incidente probatorio per procedere all'esame della persona offesa, essendo rimessa in via esclusiva al pubblico ministero la scelta in ordine all'attivazione di tale procedura. Una scelta esclusiva del P.M. che – nella visione sopra esaminata- si scontrerebbe con la valutazione discrezionale del giudice.

La vera questione da affrontare riguarda, tuttavia, l’esatto ambito della discrezionalità che la S.C. riconosce all’organo giudicante. Come abbiamo già visto, tale discrezionalità è fisiologica a fronte di persone offese di reato maggiorenni, dovendo la “percorribilità” dell’incidente probatorio derivare dal riconoscimento del ruolo di soggetto vulnerabile. Una qualifica di grande interesse, anche alla luce della riforma di cui al d.lgs. 150/2022, laddove proprio la natura della persona offesa impone – addirittura a pena di inutilizzabilità- particolari formalità di documentazione dell’atto al quale quest’ultima è chiamata a partecipare.

Un primo “margine” rispetto a tale discrezionalità potrebbe essere rinvenuto in relazione a soggetti ritenuti idonei a testimoniare ma con limitazioni accertate (destinatari di amministrazione di sostegno) o con deficit cognitivi non gravi, per i quali l’incidente probatorio può rappresentare la sede naturale per l’assunzione della testimonianza.

Proprio dalla decisione della S.C. sul tema devono, poi, essere tratte indicazioni generali sugli “indicatori” di vulnerabilità, in forza dei quali la stessa può essere riconosciuta o esclusa. In questo senso[10] indicazioni sono state fornite con riguardo alla maggiore età, all'inserimento sociale della vittima e alla reazione opposta alla condotta delittuosa.

Di certo è interessante il richiamo alla maggiore età, che pone – in questa prospettiva- il tema più delicato. Esiste veramente un minore non vulnerabile? Davvero il sistema si può permettere di escludere dal meccanismo di tutela “globale” rappresentato dall’audizione in sede di incidente probatorio una “quota” di minorenni?

Al riguardo, viene nuovamente citata la sentenza 14/2021 Corte Cost., laddove la stessa afferma che la sufficiente maturità cognitiva della minore esclude un qualificato   rischio di deperimento    del ricordo e che  non possono ragionevolmente profilarsi, con il decorso del   tempo e per le particolari condizioni del   minore, condizionamenti  tali da  rendere   la  testimonianza   meno genuina  o  meno  utile al fine degli accertamenti cui è  rivolto il processo.

Ora, il rischio di un “decadimento“ del ricordo, nel caso di un minore, in forza di un ovvio quanto ineludibile dato anagrafico, è certamente molto modesto. Il punto è se tale aspetto possa essere considerato uno di quelli che concretamente hanno indotto il legislatore a inserire i minori nella categoria di cui all’art. 392 comma 1 bi c.p.p. E’ ragionevole pensare che non sia stata questa la motivazione. Il minore non ha un problema di ricordare- generalmente- ciò che ha visito quanto quello di essere messo nella condizione di dimenticare, di voltare pagina rispetto a esperienze (siano essere abusi sessuali o maltrattamenti) che indubbiamente risultano difficili da metabolizzare e superare. Esperienza che, ove rivissute, a distanza di tempo possono risultare tale da caratterizzare fortemente in negativo il “percorso” di vita del minore stesso, specie nei casi nei quali l’autore delle condotte sia un soggetto inserito nell’ambito familiare.

Non solo: il criterio della “prossimità” al raggiungimento della maggiore età non necessariamente rappresenta una garanzia del minore impatto che l’audizione con forme ordinarie potrebbe rappresentare. E altamente verosimile che un abuso sessuale possa essere percepito- in termini di sofferenza- in modo estremamente più grave da una minore di sedici anni- già consapevole della dimensione sessuale- rispetto a un bimbo in tenera età, in qualche modo almeno parzialmente inconsapevole rispetto a tali aspetti.

La prospettiva di valutazione, forse, deve essere rovesciata. Fermo restando che il diniego alla richiesta non è di per sé un atto abnorme e che esiste un astratto e legittimo margine di valutazione per il giudice, è davvero così scontato che in concreto – vista la chiara indicazione del legislatore- l’incidente probatorio non sia la strada che fornisce le maggiori garanzie alla persona offesa in termini compatibili con interesse dell’indagato?

La situazione delineata dall’articolo in oggetto è indubbiamente una eccezione alle regole generali, ma una eccezione normata e precisa. Perché di tale eccezione dovrebbe essere data una interpretazione concretamente “restrittiva”. Il tema si fa delicato, ma questo non può essere un buon motivo per non affrontarlo.

4. LE RAGIONI DELLE SCELTE E LE SOLUZIONI POSSIBILI.

La “gestione” in termini ottimali di un incidente probatorio quali quelli previsti dall’art. 392 comma 1 bis c.p.p. è attività delicata, complessa e di forte impegno: professionale, psicologico e in termini di tempo. L’oggetto della richiesta, di norma, è tale da consentire di non giustificare il fondamento di tali affermazioni. Vi è una ragionevole, concreta possibilità che l’esercizio della discrezionalità del giudice nel riconoscere la fondatezza della richiesta del P.M. sia condizionata da tali elementi, e in particolare dal tempo in media necessario per lo svolgimento dell’attività.

Attenzione: non si intende assolutamente affermare che possa trattarsi di scelte condizionate da una non sufficiente dedizione al lavoro, quanto- semplicemente- da una differente ripartizione del tempo da dedicare ai singoli impegni connaturati al ruolo.  Il carico di lavoro delle sezioni dei giudici per le indagini preliminari è estremamente gravoso in moltissime sedi. Se il fattore temporale entrasse, in qualche misura, nella valutazione della necessità dell’atto, non ci sarebbe da stupirsi o da scandalizzarsi.

Nondimeno, il problema dovrebbe essere affrontato- anche alla luce delle chiare indicazioni fornite dalla riforma Cartabia- in termini differenti. Per un procedimento per i reati di cui all’art 392 comma 1 bis c.p.p. corredato da una audizione in sede di incidente probatorio vi è:

-           una ragionevole prospettiva di vedere accolta una richiesta di archiviazione, laddove i fatti non siano emersi in termini globalmente attendibili- specie considerando il nuovo criterio di valutazione di cui all’art. 408 c.p.p. che impone la richiesta di archiviazione ogni qual volta non sia prevedibile l’affermazione della penale responsabilità.

-           un’elevata possibilità di una definizione con riti alternativi (abbreviato, in particolare, considerata entità delle pene)

-           anche in assenza di richiesta di riti alternativi, la possibilità di un rinvio a giudizio e di un dibattimento decisamente più “snello” rispetto a quello che – al contrario. finirebbe per essere incentrato sull’esame della p.o.

Se queste ipotesi sono corrette- e potrebbero effettivamente esserlo- ci troveremmo a fronte di un notevole vantaggio di sistema, espresso da un impatto sulle sezioni dibattimentali (per l’effetto combinato delle tre ragioni sopra esposte) nettamente inferiore.

Non si dimentichi, infine, che in molti dei procedimenti in oggetto può essere applicata una misura cautelare all’indagato, rispetto alla quale un “chiarimento” anticipato della fondatezza dell’ipotesi di accusa rappresenta – anch’esso- una garanzia di riduzione delle potenziali criticità del procedimento, laddove a distanza di tempo, in sede dibattimentale, dovessero venire essere depotenziato - in esito all’esame delle p.o. - il quadro indiziario posto a fondamento della misura.

In questa prospettiva di recupero di efficienza la risposta potrebbe essere quella di rivalutare la ripartizione dei giudici tra dibattimento e G.I.P. tenendo conto del carico di lavoro derivante dagli incidenti probatori. Potenziare la sezione G.I.P. rispetto a quelle dibattimentali potrebbe consentire un minore carico di lavoro per queste ultime. Un calcolo non semplice ma neppure impossibile, finalizzato a delineare un nuovo modello organizzativo la cui efficacia potrebbe essere temporaneamente limitata – in termini di risultato- da criticità del periodo di “revisione” degli organici, ma potenzialmente in grado di fornire un prodotto giustizia qualitativamente e quantitativamente migliore.

Una sfida, pertanto, che meriterebbe di essere presa in considerazione.



[1] Su questi temi si veda L. ALGERI, Il testimone vulnerabile tra esigenze di protezione “dal” processo e diritto alla prova, in Dir. pen. proc., 2020, 1, 132; L. CAMALDO- G. DI PAOLO, La Corte costituzionale nega l'estensione dell'incidente probatorio per assumere la testimonianza del minorenne al di fuori dei procedimenti per reati sessuali, in Cass. pen., 2003, 3, 870 ss; A. MARANDOLA, Audizione del minore infrasedicenne: non irragionevole la limitazione ai soli reati sessuali dell'incidente probatorio 'incondizionato', in Fam. e dir., 2003, 3, 221 ss.; V. TONDI, L’incidente probatorio «speciale» torna al vaglio della Corte costituzionale, commento a Corte Cost, n. 14/2021 in www.sistemapenale.it 22/2/2021

[2] Cass., Sez. III, n. 34091, 16 maggio 2019, CED 277686 – 01 

[3] Cass., Sez. I, n. 49963, 17 ottobre 2018, CED  275656 – 01

[4] Cass., Sez. III, n. 47572 10/10/2019, CED 277756 – 01

[5] Cass., Sez. III, n. 36082, 10 maggio 2022, CED 283654 – 01

[6] Ex plurimis Cass.  sez. III n. 37605, 12 maggio, 2021, CED  282274; in motivazione, la S.C. ha precisato che la disciplina prevista l'audizione delle persone vulnerabili impone, in ottemperanza di principi derivanti dalle   convenzioni internazionali, forme dirette a salvaguardare l'integrità fisica e psicologica della vittima, ma non prevede alcun obbligo di   assunzione della prova dichiarativa a seguito di una mera richiesta di incidente probatorio.

[7] Cass., Sez III. n. 37605, 12 maggio 2021, CED 282274 – 01; Cass., Sez, III, n. 40056, 14 maggio 2021, CED 282338 – 01

[8] Cass., Sez. III, n. 37605, 12 maggio 2021 2021, CED 282274 – 01; Cass., Sez. V, n. 2554, 11 dicembre 2020, CED 280337 – 01; Cass., Sez. VI, n. 24996, 15 luglio 2020, CED 279604 – 01

[9] Cass., Sez. III, n. 4484, 19 gennaio 2022, CED 282831 – 01

[10] Cass., Sez. VI, n. 46109, 28 ottobre 2021, CED 282354 – 01

 

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